Il Cattivo Poeta è un film sull’inverno della vita di un poeta, e di una nazione intera. Racconta l’ultimo anno di Gabriele d’Annunzio. E lo fa da un punto di vista particolare, quasi come fosse una storia di spie, basato però rigorosamente su fatti storici accertati. Un biopic, un film storico ma anche un thriller…
La lunghissima clausura, quasi un auto-esilio, di d’Annunzio dentro il Vittoriale volge al termine. La sua età avanzata, i suoi malanni, i suoi vizi, lo hanno portato a una depressione finale. Solo il rapporto che verrà a instaurarsi con la giovane spia, mandatagli lì da Mussolini, gli procureranno l’ultimo sussulto di vitalità e lo spingeranno a desiderare di contare ancora qualcosa. E come nel più classico dei noir, si fronteggiano mondi contrapposti: da una parte un luogo chiuso, isolato, come il Vittoriale, dall’altra la realtà esterna, la dimensione politica con i suoi torbidi movimenti. La grande Storia e le piccole storie. E poi il vecchio e il giovane, le due donne rivali, il Duce e il Vate…
Le immagini che fin da subito mi si sono presentate davanti agli occhi avevano le tonalità degli interni del Vittoriale, colori “pesanti”, profondi, gialli, neri, verdi… tonalità che creano la patina del tempo, così essenziale a dare credibilità a un racconto storico. Naturalmente, ho pensato a molti film… cercando di non pensare mai a Il Conformista. Un film troppo fatato, troppo importante, troppo inavvicinabile. “Vicino” soltanto per l’epoca che racconta e per la scelta di raccontare il regime dall’interno (cosa di cui si sono fatti carico pochissimi film italiani fino ad oggi). Se devo pensare a dei riferimenti più recenti, penso sicuramente al Sokurov della trilogia del potere (Moloch, Taurus, Sun), su tre grandi potenti del Novecento: Hitler, Lenin, Hiroito. Alla sua regia evocativa, al suo tocco intimo e indiscreto nell’affrontare la grande Storia. Ho cercato una regia pulita, controllata, che sapesse far parlare eventi e personaggi. Una luce scolpita, dal taglio antico, con un ritmo di montaggio che prendesse anche lui a modello la classicità dei grandi film storici. Un film a colori, ma con il rigore e l’eternità del bianco e nero…