L’idea di lavorare all’Otello di Shakespeare nasce quindici anni fa da un articolo letto su un quotidiano. Un uomo, accecato da una folle gelosia, uccide sua moglie e poi si suicida. È allo stesso tempo la sinossi di una delle opere teatrali più famose nel mondo e triste cronaca dei nostri giorni. Da lì è partita una lunga ricerca per pensare un adattamento contemporaneo che fosse il più possibile rispettoso dell’originale. Dal confronto tra le numerose traduzioni italiane della tragedia, fatte in epoche diverse, è maturata la convinzione che per restituire la ‘parola’ di Shakespeare, il dialetto (romano e napoletano) fosse paradossalmente il più vicino a rappresentare la forza di quel linguaggio. Un lavoro di traduzione che è durato molti anni e mi ha permesso di filmare Otello senza ‘toccare’ il testo che è stato, tranne per i tagli necessari, integralmente riportato.
Razzismo, violenza, invidia sociale, maschilismo, femminicidio, un’indagine sul male di una modernità sconcertante per una drammaturgia che ha più di 400 anni.
Racchiusa nella frase di Iago che più di tutte suggerisce la profondità dell’analisi psicologica che questo testo opera sui suoi personaggi e ancora su di noi indagando nelle nostre contraddizioni. E che dà il titolo a questo film. “Non sono quello che sono”.